Dopo tre anni di attività come “medico di famiglia” e un percorso di “educazione” dei miei assistiti, oggi é ben chiaro che questi non hanno ben presente cosa NON sia il loro Medico di Famiglia.
Cominciamo con l’affermare che il medico non è un negozio e che quindi le richieste vanno ben circostanziate e che devono essere un atto razionale. Spesso le convinzioni di un assistito sono influenzate dal “sentito dire” o, peggio, da internet. Le richieste al medico sono un momento importante della sua attività, ma troppo spesso una perdita di tempo e uno spreco di soldi per lo stato (che poi siamo tutti noi). Le richieste sono naturalmente filtrate dal medico che può rigettarle per motivi clinici o per motivi legislativi. Ad esempio, prescrivere esami ematici ad un soggetto giovane solo perché non le ha mai fatti o perché vuole essere tranquillo: queste non sono motivazioni valide. Le richieste vengono vagliate in base ai sintomi e alla storia clinica, non per sedare ansie e paure.
È qui che entra in gioco la professionalità del medico e la fiducia in lui. E l’insistenza non è un metodo efficace per venire accolti nella propria richiesta. Serve fiducia, quella che dal primo giorno costruisco per un buon rapporto medico-paziente. Con la fiducia si arginano l’ansia, la paura e l’egoismo di un assistito. Avete letto bene egoismo: la spinta che obnubila la percezione di essere un elemento di una comunità, che non fa comprendere che un esame inutile toglie la possibilità ad un prossimo di usufruirne quando è in stato di necessità. Questo aspetto é molto importante data la carenza di figure sanitarie che forniscono una giusta quantità di prestazioni.
Esaurito questo punto, passiamo al secondo. L’assistito spesso non ha una chiara percezione di chi sia il suo medico: il medico è una persona, non un ente disponibile per ventiquattro ore al giorno. Il medico è una persona con attività e obblighi extra-lavorativi e ha bisogno di riposare (per essere lucido e attivo nel momento del bisogno). Voglio essere rispettato come persona e non mi interessa se colleghi (molti) siano distanti, scortesi, poco enpatici, poco disponibili e chi più ne ha più ne metta. Io sono io e non voglio esser accomunato a questa vasta (ahimè) platea di colleghi. Per questo pubblico periodicamente i numeri nel mio impegno: il numero di assistiti, le visite che svolgo in studio, ma soprattutto l’alto numero di visite domiciliari che eseguo.
Se questi due punti verranno capiti da un numero di assistiti sempre maggiore, la qualità del mio servizio ne avrà grossi benefici, migliorando sempre di più.