Qualche mio Assistito è testimone di ciò che penso da qualche giorno sulla gestione della positività al covid.
In base all’attuale sintomatologia di una positività al covid, che nella grande maggioranza dei casi assomiglia a un caso di influenza e la cui evoluzione, nei casi domiciliari, è assolutamente prevedibile (febbre e dolori articolari, poi mal di gola seguito da una tosse molto fastidiosa), mi sento di dire che le attuali misure di contenimento del contagio sarebbero da rivedere.
Ma in che modo?
Certo non sono il Ministro della Salute e tantomeno l’Assessore Regionale alla Sanità [saranno poi meritate queste maiuscole?], ma fosse per me nella stragrande maggioranza dei casi limiterei la quarantena alla semplice presenza dei sintomi, permettendo l’esecuzione anticipata del tampone per il termine della quarantena [è di questi giorni la richiesta delle Regioni al Ministero]. E questo già nel primo periodo di quarantena.
Per quel che riguarda invece il comportamento e la mascherina ffp2 sono per l’utilizzo obbligatorio nei luoghi chiusi, senza limitare l’accesso a cinema teatri palestre, stadi, ristoranti, discoteche, etc. Unica concessione alla limitazione delle nostre libertà risiederebbe nell’uso di una mascherina oltre che alla vaccinazione obbligatoria [forse ne parlerò in futuro].
Proviamo ad Immaginare quale risparmio nel monte-ore dell’INPS e e nella disponibilità di personale in qualsiasi azienda [così drammatico in ambiente sanitario].
Rimane il problema, di primaria importanza, della protezione di anziani e persone fragili.
La mia premessa a riguardo è che già con l’influenza è nota la necessità di una osservazione particolare che porta il medico a consigliare la vaccinazione e a utilizzare profilassi antibiotica e altri medicamenti, e comunque attenzione clinica, al fine di evitare tutte le complicanze di questa malattia (ricordiamo: potenzialmente letali).
Allo stesso livello siamo, in pratica, con l’attuale infezione da covid: la differenza sta nella necessità di una maggiore attenzione data la potenziale pericolosità, ancora superiore, di una influenza covid rispetto ad una influenza “classica”.
Qui deve intervenire, ancora una volta, la capacità medica, quella sul campo, quella che rassicura un paziente, quella che invia in pronto soccorso solo il caso veramente potenzialmente critico, quello che in pratica comincia a trattare il paziente come in ospedale quando sospetta la possibile evoluzione negativa.
Nella pratica si tratta di mantenere un database dei casi positivi per monitorare e per decidere in quale caso intervenire: oltre all’uso dei sintomatici paracetamolo ibuprofene paracodina e i “fumi” con bicarbonato [grande rivincita delle nonne!] passare, a seconda dei casi, all’impiego di un antibiotico, di un farmaco corticosteroideo, fino all’uso di una eparina a basso peso molecolare, insomma ad una terapia di partenza in qualsiasi reparto covid.
Allo stesso tempo bisognerebbe sensibilizzare all’uso di un adeguata dose di civiltà, in modo che finalmente la mascherina ffp2 sia considerata, correttamente, come un atto di educazione civica, un atto etico e morale di protezione del prossimo e non solo come un mezzo protettivo per se stessi.